Queste giornate dell’undicesima settimana della lingua italiana nel mondo sono dedicate ai 150 (centocinquanta) anni dell'unità d'Italia. E la settimana scorsa abbiamo festeggiato un altro 12 ottobre non più come il “giorno della razza” ma come il "giorno del rispetto della diversità culturale”.
Balboni, nella spiegazione delle mete non meramente strumentali dell’insegnamento di una lingua straniera, definisce i modelli culturali come la risposta originale di una cultura ad un problema di natura (nutrirsi, procreare, organizzarsi socialmente, parlare, ecc.).
È da notare che questi problemi di natura, le necessità basilari, sono da sempre e per tutti gli stessi problemi. La diversità della risposta a questi bisogni dipende dalla geografia e dalla storia di ogni nazione. Ma che cos’è una nazione? La parola nazione è etimologicamente legata al verbo nascere, in riferimento alla terra dove si nasce. Ma dove finisce la terra dove è nato ognuno di noi? Esistono veramente i confini tra le nazioni? Che cos’è che ci rende “nazione”?
Vediamo infatti il caso della lingua. Al momento dell’unificazione la lingua italiana non era né condivisa né parlata dalla moltitudine, ma si è diffusa nella penisola solo all’indomani dell’unità, grazie all’istruzione e all’alfabetizzazione, ma anche e soprattutto alla televisione. E comunque, ancora oggi, persistono i dialetti e persistono le diverisità regionali. Il latino volle imporsi sulle lingue originarie del continente europeo e in ogni regione, da questa mistura nacque una lingua nuova. Analoga sorte ebbe lo spagnolo in latino-america, la lingua che usa oggi un ragazzo a Córdoba non è di sicuro la stessa lingua che usa uno spagnolo e neanche in Spagna si sono cancellate le tracce della terra nella lingua.
È che la lingua, il motivo che oggi ci riunisce, è, come abbiamo detto prima, una risposta naturale, è il canto dell’essere umano usato per socializzare, per sopravvivere, per corteggiare, e per tante altre sofisticatezze. Una lingua esprime un modo di vivere, una forma di vedere l’altro, che nel caso di Argentina, è espressione di uguaglianza di diritti tra naturali e stranieri. La lingua è parte della geografia, nonostante le decisioni ufficiali e i confini nazionali. Anche se oggi è possibile fare questo discorso in italiano nell'edificio dove nascono le leggi di una città argentina. La lingua è parte della terra.
Ma nonostante le diversità locali, forse è ora di capire che, visto che condividiamo tutti le stesse -reali- necessità, non resta che condividere anche le risorse. E condividerle significa gestirle bene, curarle, affinché durino, servano, restino. Le risorse non sono proprie o altrui, sono di tutti. E l’impatto dell’uso che ne facciamo ricade su tutti. Forse è il momento di capire che non serve a nulla essere la nazione col PIL più alto se è a scapito dell’umanità, della terra. Se dopo non si sa dove mettere l’immondezza che produce tale produzione.
In questa settimana della lingua italiana dedicata al centocinquantesimo anniversario dell’unificazione italiana la nostra partecipazione è un invito alla riflessione e un augurio di vera unificazione, una che accolga tutti in un'unica nazione, quella della Terra dove siamo nati tutti, la Pachamama.
Estas jornadas de la undécima semana de la lengua italiana en el mundo están dedicadas a los 150 años de la Unidad de Italia. Y la semana pasada festejamos otro 12 de octubre ya no como el “día de la raza” sino como el “día del respeto a la diversidad cultural". Balboni, en la explicación de las metas no meramente instrumentales de la enseñanza de una lengua extranjera, define los modelos culturales como la respuesta original de una cultura a un problema de naturaleza (nutrirse, procrear, organizarse socialmente, hablar, etc.).
Cabe destacar que estos problemas de naturaleza, las necesidades básicas, han sido siempre y para todos los mismos problemas. La diversidad de la respuesta a estas necesidades depende de la geografía y de la historia de cada nación. ¿Pero qué es una nación? La palabra nación está vinculada etimológicamente al verbo nacer, en referencia a la tierra donde se nace. ¿Pero donde termina la tierra donde nació cada uno de nosotros? ¿Existen realmente los límites entre las naciones? ¿Qué es lo que nos hace “nación”?
Veamos el caso de la lengua. En el momento de la unificación la lengua italiana no era ni compartida ni hablada por la mayoría de los italianos, se difundió en toda la península recién después de la unidad, gracias a la educación y a la alfabetización pero también y sobre todo a la televisión. Y sin embargo, todavía hoy, persisten los dialectos y persisten los rasgos regionales. El latín quiso imponerse sobre las lenguas originarias del continente europeo y en cada región, de esta mixtura, nación una lengua nueva. Análogo destino tuvo el español en América latina, la lengua que hoy usa un chico en Córdoba no es seguramente la misma lengua que usa un español y tampoco en España se borraron las marcas de la tierra en la lengua.
Es que la lengua, el motivo que hoy nos reúne, es una respuesta natural, es el canto del ser humano usado para socializar, sobrevivir, cortejar y para tantas otras sofisticaciones. Una lengua expresa un modo de vida, una forma de ver al otro, que en el caso de Argentina es expresión de igualdad de derechos para naturales y extranjeros. La lengua es parte de la geografía, no obstante las decisiones oficiales y los límites nacionales. Aunque hoy sea posible hacer este discurso en italiano en el edificio donde nacen las leyes de una ciudad argentina. La lengua es parte de la tierra.
Pero a pesar de las diferencias locales, quizás es hora de entender que, ya que compartimos todos las mismas necesidades -reales-, no queda otra opción más que compartir también los recursos. Y compartirlos significa manejarlos bien, cuidarlos, para que duren, sirvan, queden. Los recursos no son propios o ajenos, son de todos. Y el uso que hacemos de ellos afecta a todos. Quizás es el momento de entender que no sirve para nada tener un PBI alto si es a costa de la humanidad, de la tierra. Si después no se sabe a dónde meter la basura que produce tanta producción.
En esta semana de la lengua italiana dedicada al 150º aniversario de la unificación italiana, nuestra participación es una invitación a la reflexión y el augurio de una verdadera unificación, una que acoja a todos en una única nación, la de la Tierra donde hemos nacido todos, la Pachamama.
Il discorso:
ResponderEliminarQueste giornate dell’undicesima settimana della lingua italiana nel mondo sono dedicate ai 150 (centocinquanta) anni dell'unità d'Italia. E la settimana scorsa abbiamo festeggiato un altro 12 ottobre non più come il “giorno della razza” ma come il "giorno del rispetto della diversità culturale”.
Balboni, nella spiegazione delle mete non meramente strumentali dell’insegnamento di una lingua straniera, definisce i modelli culturali come la risposta originale di una cultura ad un problema di natura (nutrirsi, procreare, organizzarsi socialmente, parlare, ecc.).
È da notare che questi problemi di natura, le necessità basilari, sono da sempre e per tutti gli stessi problemi. La diversità della risposta a questi bisogni dipende dalla geografia e dalla storia di ogni nazione.
Ma che cos’è una nazione? La parola nazione è etimologicamente legata al verbo nascere, in riferimento alla terra dove si nasce. Ma dove finisce la terra dove è nato ognuno di noi? Esistono veramente i confini tra le nazioni? Che cos’è che ci rende “nazione”?
Vediamo infatti il caso della lingua. Al momento dell’unificazione la lingua italiana non era né condivisa né parlata dalla moltitudine, ma si è diffusa nella penisola solo all’indomani dell’unità, grazie all’istruzione e all’alfabetizzazione, ma anche e soprattutto alla televisione. E comunque, ancora oggi, persistono i dialetti e persistono le diverisità regionali.
Il latino volle imporsi sulle lingue originarie del continente europeo e in ogni regione, da questa mistura nacque una lingua nuova. Analoga sorte ebbe lo spagnolo in latino-america, la lingua che usa oggi un ragazzo a Córdoba non è di sicuro la stessa lingua che usa uno spagnolo e neanche in Spagna si sono cancellate le tracce della terra nella lingua.
È che la lingua, il motivo che oggi ci riunisce, è, come abbiamo detto prima, una risposta naturale, è il canto dell’essere umano usato per socializzare, per sopravvivere, per corteggiare, e per tante altre sofisticatezze. Una lingua esprime un modo di vivere, una forma di vedere l’altro, che nel caso di Argentina, è espressione di uguaglianza di diritti tra naturali e stranieri. La lingua è parte della geografia, nonostante le decisioni ufficiali e i confini nazionali. Anche se oggi è possibile fare questo discorso in italiano nell'edificio dove nascono le leggi di una città argentina. La lingua è parte della terra.
Ma nonostante le diversità locali, forse è ora di capire che, visto che condividiamo tutti le stesse -reali- necessità, non resta che condividere anche le risorse. E condividerle significa gestirle bene, curarle, affinché durino, servano, restino. Le risorse non sono proprie o altrui, sono di tutti. E l’impatto dell’uso che ne facciamo ricade su tutti. Forse è il momento di capire che non serve a nulla essere la nazione col PIL più alto se è a scapito dell’umanità, della terra. Se dopo non si sa dove mettere l’immondezza che produce tale produzione.
In questa settimana della lingua italiana dedicata al centocinquantesimo anniversario dell’unificazione italiana la nostra partecipazione è un invito alla riflessione e un augurio di vera unificazione, una che accolga tutti in un'unica nazione, quella della Terra dove siamo nati tutti, la Pachamama.
Estas jornadas de la undécima semana de la lengua italiana en el mundo están dedicadas a los 150 años de la Unidad de Italia. Y la semana pasada festejamos otro 12 de octubre ya no como el “día de la raza” sino como el “día del respeto a la diversidad cultural".
ResponderEliminarBalboni, en la explicación de las metas no meramente instrumentales de la enseñanza de una lengua extranjera, define los modelos culturales como la respuesta original de una cultura a un problema de naturaleza (nutrirse, procrear, organizarse socialmente, hablar, etc.).
Cabe destacar que estos problemas de naturaleza, las necesidades básicas, han sido siempre y para todos los mismos problemas. La diversidad de la respuesta a estas necesidades depende de la geografía y de la historia de cada nación.
¿Pero qué es una nación? La palabra nación está vinculada etimológicamente al verbo nacer, en referencia a la tierra donde se nace. ¿Pero donde termina la tierra donde nació cada uno de nosotros? ¿Existen realmente los límites entre las naciones? ¿Qué es lo que nos hace “nación”?
Veamos el caso de la lengua. En el momento de la unificación la lengua italiana no era ni compartida ni hablada por la mayoría de los italianos, se difundió en toda la península recién después de la unidad, gracias a la educación y a la alfabetización pero también y sobre todo a la televisión. Y sin embargo, todavía hoy, persisten los dialectos y persisten los rasgos regionales.
El latín quiso imponerse sobre las lenguas originarias del continente europeo y en cada región, de esta mixtura, nación una lengua nueva. Análogo destino tuvo el español en América latina, la lengua que hoy usa un chico en Córdoba no es seguramente la misma lengua que usa un español y tampoco en España se borraron las marcas de la tierra en la lengua.
Es que la lengua, el motivo que hoy nos reúne, es una respuesta natural, es el canto del ser humano usado para socializar, sobrevivir, cortejar y para tantas otras sofisticaciones. Una lengua expresa un modo de vida, una forma de ver al otro, que en el caso de Argentina es expresión de igualdad de derechos para naturales y extranjeros. La lengua es parte de la geografía, no obstante las decisiones oficiales y los límites nacionales. Aunque hoy sea posible hacer este discurso en italiano en el edificio donde nacen las leyes de una ciudad argentina. La lengua es parte de la tierra.
Pero a pesar de las diferencias locales, quizás es hora de entender que, ya que compartimos todos las mismas necesidades -reales-, no queda otra opción más que compartir también los recursos. Y compartirlos significa manejarlos bien, cuidarlos, para que duren, sirvan, queden. Los recursos no son propios o ajenos, son de todos. Y el uso que hacemos de ellos afecta a todos. Quizás es el momento de entender que no sirve para nada tener un PBI alto si es a costa de la humanidad, de la tierra. Si después no se sabe a dónde meter la basura que produce tanta producción.
En esta semana de la lengua italiana dedicada al 150º aniversario de la unificación italiana, nuestra participación es una invitación a la reflexión y el augurio de una verdadera unificación, una que acoja a todos en una única nación, la de la Tierra donde hemos nacido todos, la Pachamama.